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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Volontà sacrificale Paterna terrestre mia passiva inimicale
sul bene inerente: umana autorità. Radiografia: la
genitoriale: con la nascita si parte alla conquista di sé: la
appropriazione di sé. Traguardo ambito: appropriazione
del partner sessuale. Vertice: un figlio mio. Autorità concepita
egoisticamente. Quale sarà l’esercizio!

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia fatta la tua volontà
sacrificale: la celeste e la terrestre. Preghiera da dirci e da
fare. Il Padre vuole il sacrificale suo celeste. Vuole pure il
terrestre: il suo e il nostro. Il nostro attivo e passivo, il passivo
cosmico e inimicale. Il nemico mi può sacrificare i
beni componenti, aderenti, inerenti: dignità e autorità
umana. Per bene illuminare e radiografare l’autorità
umana, ci siamo accostati alla divina Figliale e Paterna.
Autorità umana è far scorrere in un altro qualcosa di mio.
In base a ciò che faccio scorrere abbiamo una autorità
magistrale, morale o beneficale.
Lo scorrimento si regge su precise attese. Attendo di essere
accolto bene, di entrare nella vita dell’altro e di ottenere un
mio prolungamento nel tempo. Il tutto è sostenuto dal mio
amore egoisticale, tanto che un rifiuto mi scatena una progressione
di sentimenti contrari, fino all’odio e alla vendetta.
Questo è il comportamento universale, che va in ripetizione
continua. Ora non ci resta che osservarlo concretamente
in due autorità umane: la genitoriale e la ecclesiale.
Autorità genitoriale: per ben radiografarla occorre una partenza
un po’ lontana. Alla sua nascita la persona non ha in
atto alcuna proprietà di sé. È proprietà totale e esclusiva dei
suoi genitori. Ma nel bambino c’è una serie di funzioni che
tendono decisamente a passare (proprietà potenziale) in
proprietà sua: il mangiare, il camminare, il vestirsi, il parlare,
il provvedere alle necessità dell’organismo. E non è solo
questione di organi che crescendo toccano la loro indipendenza
funzionale, ma dentro ad animare il movimento di
appropriazione ci sta uno scalpitante amore egoisticale. La
persona tende con quell’amore a conseguire la proprietà
assoluta di sé. La persona si vuole tutta per sé, tutta sua:
l’essere, il fare, il diventare. È qui che incominciano le
grandi deviazioni. Mi sento padrone assoluto della mia vita
e non lo sono. Padrone esclusivo del mio fare e mi vado a
scontrare con quanti mi stanno a farmi capire il mio inganno
e la mia rovina. La persona vuole sentire suo tutto quello
che scorre in lui. O lo assimila e allora lo fa suo, diversamente
lo rigetta. Questa persona che si fa su così punta a un
traguardo nel quale si sentirà liberata dalla famiglia di origine
per darsi una famiglia di sua totale proprietà.
Trionfante parla subito della sua famiglia: la ‘mia’ famiglia.
Inizialmente sono solo marito e moglie, ma la proprietà
viene affermata con totale decisione: mio marito, mia
moglie. I figli si possono volere per motivazioni diverse, ma
il motivo prevalente è sicuramente la voglia grande di un
figlio tutto nostro, con esclusione di Dio stesso. Per avere
quel figlio i due genitori concorrono in quel modo voluto
dal Padre. Ambedue lo sentono loro possesso il bambino,
ma il sentire della madre è di gran lunga superiore a quello
del papà. Per nove mesi si lascia prendere tutto del suo e
alla nascita proseguirà su quella linea attivamente. Così
arrivano i genitori a fare famiglia. E ora sono impegnati a
esercitare l’autorità genitoriale sul figlio. Dotati solamente
di carica egoisticale come la eserciteranno?

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