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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Volontà sacrificale Paterna: la terrestre mia passiva inimicale
sul bene inerente: autorità umana genitoriale. Per
non perdere la proprietà sul figlio vi inseriscono la loro
volontà, ma egoisticamente. Quello che vogliono per lui,
ma non per sé. Per sé quel che piace. Per il figlio quello
che fa per le loro esigenze egoisticali. Superiorità e compiacenza
di lui.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale, ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale. Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Sia fatta la tua volontà sacrificale: la celeste e la terrestre.
Preghiera da dirci e da fare.
Il Padre vuole il sacrificale suo celeste. Vuole pure il terrestre:
il suo e il nostro.
Il nostro attivo e passivo, il passivo cosmico e inimicale.
Il nemico mi può sacrificare i beni componenti, aderenti,
inerenti: dignità e autorità umana.
Per bene illuminare e radiografare l’autorità umana, ci
siamo accostati alla divina Figliale e Paterna. La divina è
sacrificale; e l’umana? È lo scorrimento di me in un altro:
io mi faccio scorrere in un altro: non me stesso (possibile
solo a Dio), ma qualcosa di mio.
1) Lo si fa scorrere con forza in chi non è mio e ne ho a
male se non mi si accoglie e non mi si crede.
2) Con forza maggiore lo fa scorrere in chi è mio: così il
maestro nei suoi scolari.
3) Con forza più somma lo si fa scorrere in chi è suo per
figliolanza.
Siamo all’autorità genitoriale. La vita umana si svolge per
appropriazione. Prima è la appropriazione di se stessi, poi
la appropriazione dell’altro e coniugale; la massima è la
appropriazione figliale: la più automatica, la più forte e la
più solida.
Il genitore sente suo il figlio, pur non essendo suo, né per
il corpo animato, né per lo spirito Spiritato.
È il furto sacrilego proprio della egoisticità genitoriale. Il
figlio non è statico, ma va in continua crescita per appropriazione
fisica, morale, intellettuale.
Su quella crescita i genitori inseriscono la loro volontà,
allo scopo di conservare intatta la loro proprietà: mio
figlio, sempre mio figlio, non sacrificalmente ma egoisticamente.
In lui vuole scorrere la volontà dei genitori, in
modo ben diverso dal come fa Dio con le sue creature.
Inizialmente lo scorrimento è facile, ma producendo negli
anni si fa sempre più difficile per quel fenomeno di appropriazione
di se stessi che è inarrestabile.
Cosa voglio per lui?
1) Succede che non sempre quello che voglio per il figlio
lo voglia anche per me. Nel campo morale comando al
figlio quello che io non faccio. Quando la discordanza
viene a galla, sarà la ribellione più violenta. Fai quello
che io ti dico e non quello che io faccio.
2) Infatti io faccio scorrere in me quello che mi piace; uno
scorrimento pacifico che non trova mai ostacoli, a
meno che conosciuto l’inganno del piacere alla luce
pneumatica non abbia a bloccarmela. Nel figlio io
voglio che scorra quello che soddisfa alle mie esigenze
egoisticali.
3) Quali sono? Mi sento superiore al figlio e voglio che lui
si senta a me inferiore. Lo voglio in dipendenza assoluta,
in dipendenza sottomessa e quindi docilmente obbediente.
Lo voglio obbediente: mia prima esigenza egoisticale
che racchiude ogni altra.
4) Il figlio lo voglio tale da potermi stimare di lui: un
figlio come il mio non lo si trova. Voglio vantarmi di
lui, gloriarmi della sua riuscita. Entra come componente
essenziale lo scorrimento morale e religioso. Non
avete mai udito genitori che si vantano di un figlio
delinquente, ladro o assassino.
Anzi, li vedrete dissociarsi di lui fino a rinnegarlo: non
mi si assomiglia neppure. È la pura ambizione egoisticale
che ai nostri giorni subisce colpi mancini e crudeli.
Quello che voi volete, i figli non lo vogliono più.
K.O. autorità genitoriale.

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