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Decimo dono: il sacrificale da dirci e da fare.
Volontà sacrificale Paterna: terrestre, passiva, inimicale,
sul bene inerente: autorità umana. L’ecclesiale?
Monopolio delle coscienze.
3) Costringe a emendarsi: non è conversione, ma è non peccare
più. Possibile, doveroso, comandarlo da Gesù.
Come ci si fa ad emendare: disponendo di una coscienza
sufficiente e efficiente. La medicazione è valida a questo.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli. Sia
fatta la tua volontà sacrificale: la celeste e la terrestre.
Preghiera da dirci e da fare. Il Padre vuole il sacrificale suo
celeste. Vuole pure il terrestre: il suo e il nostro. Il nostro attivo
e passivo, il passivo cosmico e inimicale. Il nemico mi
può sacrificare i beni componenti, aderenti, inerenti: dignità
e autorità umana. Per bene illuminare e radiografare l’autorità
umana, ci siamo accostati alla divina Figliale e Paterna. La
divina è sacrificale. L’umana genitoriale è egoisticale. E l’ecclesiale?
Il decentramento del sacrificale ha provocato una
catena di interventi egoisticali, tutti monopolizzatori. La
Chiesa si è data il monopolio: della verità, della infallibilità,
della salvezza, delle coscienze.
Leggi antiche e comandamento nuovo sono gli ingredienti
della coscienza cristiana. La Chiesa cristiana non ha
manipolato né sostituito, ma solo affiancato alle divine, le
sue ecclesiastiche, ingiungendo le pene canoniche.
Per una docile obbedienza punta alla conquista della
coscienza umana con tre interventi egoisticali:
1) Costringe la coscienza ad aprirsi ingiungendo la confessione
integrale di tutti i peccati mortali.
2) La costringe a pentirsi
3) La costringe a emendarsi.
*) Cos’è l’emendarsi?
Non è convertirsi: la conversione la si ottiene con la acquisizione
di coscienza diversa: permane la coscienza egoisticale,
vi si contrappone una coscienza nuova: la sacrificale.
È non peccare più. Istintivamente peccheremo sempre:
è coscientemente che non si pecca più. È possibile non
peccare più coscientemente? Tanto possibile che è doveroso,
anzi è esigenza di guarigione. La guarigione vuole che
io non mi riammali. Tanto possibile, che Gesù la comanda.
Al paralitico di Betsaida ripescato nel tempio, dice
queste parole: ‘Ecco, sei stato guarito. Non peccare più,
perché non ti avvenga qualcosa di peggio’.
*) Come ci si fa ad emendare? Per emendarci occorre puntare
a quella coscienza da cui deriva la mia emenda. Il mio peccare
è prodotto diretto e immediato della coscienza egoisticale
istintivizzata: fatta su dal mio istinto mediante il flusso
continuo dell’amarmi e dell’odiare. Il non peccare più viene
fuori dalla mia coscienza sacrificale sufficiente ed efficiente.
1) Se non ha sufficiente capacità, allora mediante medicazione
solida, profonda e periodica, la devo portare al
grado di sufficienza occorrente. A medicazione fresca
riesco a non peccare, ma poi pian piano mi si affloscia
tutto. È il segnale della ricarica mediante la rinnovata
medicazione. Periodicità mensile si fa urgente.
2) L’inefficienza coscienziale si manifesta nella mancata
applicazione al mio sentire. Cosa vuol dire? A ogni
tocco esterno e interno, che immancabilmente va a tuffarsi
nel mio amore egoisticale, io ho un sentire. Il sentire
è l’unico atto col quale l’amore mi si presenta. Se
la coscienza sacrificale non mi dà una percezione
immediata di quello scatto che le è contrario, vuol dire
che non ha ancora raggiunto il livello tale di sensibilità
pneumatica che le faccia cogliere immediatamente il
farsi di quel sentire.
Difetto di applicazione dovuto a una coscienza ancora lontana
dalla sua efficienza piena. In questo caso, come nel
precedente, si fa urgente una metodica medicazione che ha
lo scopo di rifare una coscienza che risulta sempre fiaccata
dal peccare umano, come pure di portare la coscienza a
livello di efficienza piena. Finchè manca l’emenda, non
mancherà mai quel sentire coscienziale del dolore per il
male che mi faccio all’amore. Risorsa preziosa.

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